Greta Thunberg il 20 agosto 2018 ha scelto di non andare a scuola, e così ha fatto fino al 9 settembre, giorno delle elezioni politiche in Svezia. Da allora i "venerdì per il futuro" (Fridays For Future) sono diventati famosi in tutto il mondo e centinaia di migliaia di giovani hanno iniziato a scendere in piazza per il clima.
È merito suo, 16 anni appena, se improvvisamente la lotta al cambiamento climatico ha iniziato ad essere sulla bocca di tutti. E il suo impegno le è valso la celebrazione da parte della rivista statunitense Time, che l'ha scelta come personaggio dell'anno.
Il 2019 è stato davvero "l'anno" di Greta che, da sconosciuta, è diventata icona della protesta che infiamma il pianeta denunciando l'urgenza di azioni e politiche incisive sul tema del cambiamento climatico. Basti pensare alla strada che ha fatto, da quando in solitaria col cartello "sciopero per il clima" ogni venerdì non andava a scuola, ad oggi con gli scioperi che riempiono le piazze di tutto il mondo.
Che stia simpatica o antipatica, bisogna riconoscerle il merito di aver dato voce ad un problema globale e il coraggio di averlo fatto - senza paura - gridando in faccia ai potenti messaggi semplici ma di grande impatto, come quello pronunciato alle Nazioni Unite: "ci state rubando il futuro". Un'indignazione che non è caduta nel vuoto ma che è stata, anzi, decisiva per il nostro futuro. Oggi la politica, purtroppo non nella stessa misura fra progressisti e forze sovraniste, ha capito che l'emergenza climatica ambientale è una priorità assoluta, e che occuparsene aiuta a prevenire conflitti, disuguaglianze, catastrofi e migrazioni.